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GIACOMO BIRAGHI: GLI INGREDIENTI BASE DI UN DISTRETTO DI QUARTIERE

Capita spesso che nascano associazioni di imprese. Magari intorno a un settore o a un mercato di destinazione. Invece Around Richard è nata intorno a un luogo, la zona di Milano in cui si trovava la Richard Ginori.

Il progetto è nato nel 2017 e ha una forte impronta di comunicazione, ma potrebbe avere una portata più grande: condividere parte dei percorsi delle imprese, per appropriarsi di un quartiere e farne un distretto. Un caso in cui l’identità economica di un luogo finisce per animare un “paese urbano”.

Siamo curiosi di capire se questo primo “distretto di quartiere” possa andare per Milano, moltiplicarsi, e magari diventare uno strumento di sviluppo economico che se ne frega del centro, perchè le fabbriche e il PIL nascono sempre in periferia.

Per questo abbiamo fatto qualche domanda veloce a Giacomo Biraghi, un eclettico esperto di città, che sta vedendo modelli simili svilupparsi in Paesi molti diversi dal nostro.

Intervista estratta dal business report privato 11 note di Intelligence Economica di Company | Note.  

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Distretto di quartiere – In una delle nostre analisi ci siamo permessi di chiamare Around Richard, di cui sei consigliere, un “distretto di quartiere”. Ce lo descrivi brevemente? Abbiamo usato la parola giusta?

Around Richard è una destinazione. Il luogo a Milano dove trovare l’atmosfera di un borgo, la qualità della vita di una città scandinava, l’offerta di sport e divertimento di una capitale. Around Richard è un esperimento di periferia centrale.

Caratteristiche – Proviamo a definire tutte le caratteristiche generiche che fanno, o in futuro potrebbero fare, il distretto di quartiere.

Un nome accattivante e in inglese. Nessun dominus, nessun settore economico o funzione prevalente. Una agenda di eventi.

Milano – A Milano ci sono altri esempi simili, di piccole zone che si sono fatti distretto, con ricadute pratiche sul territorio in cui si trovano?

Negli anni 20 Brera ha cominciato. Poi negli anni 2000 l’Isola. Nel 2015 NOLO (la zona di Milano a Nord di Loreto).

Replicabilità – Dove è replicabile un modello simile? Non ti sembra che avendo la taglia piccola – da quartiere appunto – abbia una modularità maggiore?

Credo che il tema non sia dimensionale ma ancora una volta di destinazione. E il concetto fondamentale di periferia centrale. Un luogo non noto e apparentemente lontano, ma che di colpo diventa centrale appena raggiunto.

Microeconomia di quartiere – C’è sempre una connessione diretta con questi fenomeni e l’economia che li popola. Da voi (Around Richard) è la creatività connessa alla moda e al design. Per altri luoghi cosa può essere (es. moto e bici in quartiere Isola…)?

Direi che il tema fondamentale a scala di quartiere è quello della varietà di funzioni. Diverse. Diversificate. Differenti.

Macroeconomia di città – Perché oggi le città sono il luogo economico da cui tutto parte (numeri, consumi, Secolo Urbano…)?

Questo come dico da sempre è il secolo urbano. Le città sono oggi considerate la soluzione ai problemi economici, ambientali, sociali del mondo. Perché? Perché sono l’unico processo capace di trasformare quotidianamente e senza tensioni interessi individuali in benessere collettivo.

Agenda – Non ci sembra di aver trovato questo tema nella agende della campagna elettorale. Se c’è, cosa si può fare di pratico, da Roma, per le città?

Lasciarle stare. Per Milano dare poteri e autonomia. Il modello è quello delle città globali, delle città stato come Berlino, Londra, Barcellona.

Le ragioni – Perché – non solo a Milano – ci sono quartieri che “si accendono” ed altri completamente fermi? C’è una scintilla che fa partire un quartiere, è un fatto casuale o in qualche modo consapevole?

Direi che ci sono 2 prerequisiti e un fattore necessario.

I due prerequisiti sono la presenza di spazi fungibili (come capannoni industriali, piazze, garages, sottotetti etc) e un basso valore relativo al metro quadro delle case.

Il fattore necessario è l’assenza dell’intervento pubblico e una polizia urbanistica ed edilizia sensata e non pressante.

Brand – È utile dare un nome a un luogo, anche piccolo, come un quartiere, per renderlo conosciuto, oppure il nome arriva dopo la sua notorietà e il suo successo?

Fondamentale. Prima. Sempre prima.

Comunicazione – La comunicazione ci sembra centrale per attivare uno spazio urbano (come questi), e poi catturare investimenti, creatività, idee, eventi. Un’azione che deve far capo a privati o al pubblico?

Sempre in capo ai privati.

Esempi esteri – Sappiamo che stai portando all’estero molti professionisti italiani col progetto Urban City Break. Quali altri quartieri fertili vedi all’estero, sempre imbevuti di imprese e micro realtà economiche?

Direi tre. Il lungo fiume riscoperto ad Oslo. La collina ex industriale di Xabregas a Lisbona. Tutto il sud del Tamigi a Londra.