Oggi dove siamo

Digital company che vendono pizza – il modello Domino’s

Del modello Domino’s Pizza ci incuriosiva la stranezza americana di venire a vendere pizza in Italia.

Poi, nelle risposte che ci ha dato Alessandro Lazzaroni, che ne guida lo sviluppo italiano, abbiamo trovato stimoli altrettanto interessanti.

Partendo dal digitale, arrivano all’adattabilità di un format che punta su fornitori locali e sorprendentemente ha incontrato consumatori aperti e disponibili a fare esperienze nuove, in settori tradizionalissimi.

 

 


Intervista estratta dal business report privato 11 note di Intelligence Economica di Company | Note.  

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Come spiega l’esplosione del settore del food delivery?

Siamo in un epoca basata sul buon utilizzo del tempo e sulla necessità di fare esperienze. Fino agli anni 2000, il possesso di un oggetto costituiva l’aspirazionalità, in questo momento storico segnato da una rivoluzione effettuata dai millenials, vediamo invece che l’esperienza è al centro.

L’esperienza arricchisce se stessi e consente anche di avere un contenuto da condividere. Per fare esperienze il tempo è quindi la variabile necessaria, il tempo libero a maggior ragione deve essere di qualità e speso al meglio. Ecco perchè anche cucinare è diventato un hobby e non più una necessità.

Quando non c’è la voglia di passare del tempo ai fornelli, non c’è più il senso del dovere che spinge tutti noi a farlo, ed ecco che arriva il bisogno di risparmiare tempo e di arricchire il momento del pasto tramite un’esperienza, che è appunto il food delivery.

Ordinare cibo a domicilio è un’esperienza sempre diversa legata a cucine e piatti sempre diversi, metodologie d’ordine sempre più ingaggianti e veloci. La crescita del business del food delivery è direttamente proporzionale alla necessità dei consumatori di avere delle esperienze di consumo a domicilio.

 

 

Quanto conta la logistica per il settore? Come sta cambiando?

Noi di Domino’s Pizza abbiamo una doppia logistica:

  • quella legata alla consegna dei prodotti freschi ai punti vendita,
  • la consegna dell’ordine al consumatore (ultimo miglio).

Se ci concentriamo sulla logistica dell’ultimo miglio possiamo dire che per noi è fondamentale, tuttavia consegnare un prodotto caldo, buono, in meno di 30 minuti anche se molto importante, per noi non è l’unico aspetto, ma solo uno dei 3 pilastri che costituisce il nostro business.

Domino’s per i consumatori non è solo consegna, ma anche prodotto e un’esperienza imperniata sulla tecnologia (presa dell’ordine online, monitoring dell’ordine, etc.).

Per il settore del food delivery, al contrario nostro, la logistica è esclusivamente legata all’ultimo miglio, ovvero il trasporto vero e proprio del prodotto attraverso dei raider, dal ristorante al cliente. Per questi player quindi, la parte di logistica non solo è importante, ma è praticamente il cuore del business.

 

 

E la tecnologia? In quali parti della vostra catena influisce e come?

La tecnologia è la base della nostra marca. Il Times ha definito Domino’s “a digital company selling pizza“, infatti tecnologia e digital sono presenti a partire dal punto vendita e dalla gestione dello stesso:

  • scorte,
  • inserimento dell’ordine,
  • flusso e gestione delle comande,
  • assegnazione dei driver per la consegna degli ordini,
  • etc…

Anche lato customer experience offriamo diverse soluzioni tecnologiche per la presa dell’ordine, il monitoring della preparazione dell’ordine e della consegna, i pagamenti.

Ovviamente anche in termini di azioni marketing siamo fortemente digitalizzati e oltre il 60% del budget viene destinato all’investimento su touchpoint digitali. Tutta questa struttura ci porta a sviluppare oltre il 65% delle vendite attraverso mezzi digitali.

 

 

Il food delivery è cominciato con la pizza, quando ancora non c’erano app e smartphone. In che modo ha anticipato le accelerazioni date dalle tecnologie? E cosa è restato di quel modello?

La pizza si è sempre abbinata bene al food delivery come prodotto, la tecnologia e la specializzazione nel servizio hanno poi reso il modello completo. Noi, in Domino’s ci consideriamo molto lontani dal modello iniziale, poichè su ogni aspetto abbiamo cercato di costruire ricchezza.

Il nostro prodotto è una pizza pensata per arrivare perfetta a casa del consumatore, quindi, per esempio, abbiamo sviluppato con il nostro fornitore di mozzarella Granarolo, una mozzarella che non sia solo fatta al 100% di latte italiano, ma che abbia anche poco siero in modo che durante il trasporto questo non bagni l’impasto e possa mantenere la pizza asciutta e croccante.

 

 

Qual è il modello di business di Domino’s pizza? Quali sono i suoi numeri?

Il modello di business di Domino’s è offrire una pizza buona, calda e fresca, in meno di 30 minuti, direttamente sulla porta di casa.

Ogni mercato poi adatta prodotti e servizi per rendere questa esperienza fortemente differenziante rispetto alla competition e alle esigenze dei consumatori. Questo tipo di adattabilità ha permesso al marchio di arrivare ad essere la prima catena di pizzerie al mondo con oltre 15.000 punti vendita in oltre 85 paesi.

Il fatturato di Domino’s nel mondo è stato di 11 miliardi di dollari nel 2017 e il 52% di questo fatturato è costituito dai mercati internazionali.

 

 

Com’è presente Domino’s pizza in Italia? Chi ha preso in affitto la licenza in Italia?

Il marchio Domino’s Pizza è concesso tramite un contratto di master franchising a EPizza S.p.a., un’azienda interamente italiana che opera sul territorio dal 2015 e che in meno di tre anni è arrivata ad aprire 13 punti vendita e conta oltre 250 collaboratori.

 

 

Perché Domino’s Pizza è arrivata così “tardi” in Italia? Quando l’hanno intervistata per capire come e quando aprire in Italia, cosa le hanno chiesto? Quali sono state le ragioni che hanno definitivamente convinto gli americani ad aprire qui?

L’Italia è la patria della pizza e ovviamente per un marchio americano si prospettavano notevoli criticità, cosa che in realtà poi non si è verificata, poichè i consumatori italiani si sono dimostrati da subito molto aperti e interessati ad un marchio che portava novità e innovazione anche in un ambito così tradizionale come quello della pizza.

Per capire se il mercato era pronto a questo tipo di business si sono indagati i metodi di consumo di pizza e i possibili gap presenti nel mercato e come il modello di Domino’s avrebbe potuto colmarli.

Per entrare nel mercato italiano abbiamo adattato la nostra offerta alle esigenze dei consumatori spiegando attraverso la nostra piattaforma di comunicazione: “Cuore Italiano, American way”. Questo claim spiega la nostra capacità di avere un’anima italiana, costituita dal prodotto, dalla preparazione artigianale, dalla capacità di prenderci cura del cliente, ma anche l’anima internazionale che è costituita dalla velocità di servizio, la digitalizzazione e le proposte di ricette originali e inconsuete di pizza.

 

 

Tutte le pizzerie sono vostre o alcune sono gestite da altri? In base a quali elementi decidete il mix tra pizzerie di proprietà e franchising?

Al momento tutte le pizzerie sono di proprietà, ma già da quest’anno sono previste le prime aperture in franchising.

 

 

Quanto conta la velocità nella vostra attività (ordine, pagamento, consegna)?

La velocità è sicuramente un elemento, ma costituisce solo un pezzo della ricetta che porta al successo. E’ la pluralità di elementi: prodotto, servizio ed esperienza che contribuiscono a creare nella mente del consumatore una reale affezione alla marca e quindi anche l’affermazione della stessa.


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